Questa è la storia di un orologio impazzito che detta tempi stravaganti e di tre giovanotti che inseguono folli pensieri, puntuali ad ogni suo scoccare.Un fuoco vivo che brucia le convenzioni e i deja-vu attraverso le note del basso (Massimo Pupillo) che si torce e si contorce sempre alla ricerca della nota improbabile (a tratti in compagnia del fido distorsore, il mitico Rat), in perfetto sincrono con una batteria (Jacopo Battaglia) che lo accompagna attraverso campi sterminati, insieme alla notte rincorrendo qualche assurda melodia di un baritono & alto sax (Luca Tommaso Mai) che proprio non ne vuole sapere di conformarsi a sonorità comuni.Aggettivi come “illogico”, “irrazionale”, “insensato” sono maglie troppo strette per vestire un’entità ignea che fa del suo essere in ogni dove il suo motivo di esistere; sempre diverso nel suo aspetto e nella forma, senza artificiosità elettroniche nè andature convenzionali, igneo è una coperta troppo corta per vestire un ascolto poco impegnato, per coloro i quali pensano che in Italia musicalmente sia stato già detto tutto.Gli Zu, rispetto all'esordio "Bromio" già edito da Wide Records nel 1999, estremizzano maggiormente il loro jazz-core, accostandolo al free più evoluto e al rock estremo, portandolo su territori in cui diventa davvero minima la differenza tra la ricerca di strutture ben definite ed il caos, proprio dell'improvvisazione rumoristica. Senza parole. Ancora a sottolineare la ricerca di ritmi ossessivi difficili da affiancare a parole o a melodie di qualsiasi tipo, mancanza che certo non si nota e che anzi contribuisce a rendere questo lavoro ancora più eclettico.Titoli come “Airbol de la Esperanza Mantente Firme” o “Monte Zu” sono capitoli di un unico libro scritto con mano sapiente e si incastonano in un progetto sconvolgente in termini di ritmo, privo dei tratti rassicuranti di un 4/4 ordinario e pieno di una precisione meticolosa che solo le mani esperte dei nostri amici romani sanno dipingere.In “Muro Torto”, l’episodio forse meglio riuscito, il ritmo rallenta e accellera e ancora rallenta, ed ecco che la macchina riparte e avanza con l’incedere dei passi striscianti di un ubriaco che balla, richiamando infine le atmosfere notturne di Tortoisiana memoria.Quello che non manca perciò è la tecnica ben espressa ma non esasperata del basso e della batteria, sempre schiena a schiena anche nei tratti meno evidenti, vedi “The Elusive Character of Victory ” o “Mar Glaciale Artico”.Ci si affida al sax per cercare un filo di Arianna, accompagnatore e guida nello stesso tempo per uscire da questo labirinto perverso tutt’altro che rassicurante. Sempre in bilico fra follia e razionalità.Questo secondo episodio della saga “Zu” (per gli amanti del vinile in versione speciale da 220 grammi) prodotto e mixato dal grande Steve Albini, è forse ancora più particolare e può scoraggiare orecchie poco allenate o chiuse a sonorità secche e dirette. Senza più la tromba di Roy Paci, il disco si arricchisce di nomi quali Fred Lonberg-Holm (violoncello), Ken Vandermark (sax tenore) e Jeb Bishop (trombone), collaborando spesso dal vivo o in studio con musicisti come The Ex, Nomeansno, Karate, Fantomas, The Ruins, e in particolare con Eugene Chadbourne, con cui gli Zu hanno inciso due cd: The Zu Side Of The Chadbourne e Motorhellington.Definire prevedibile in questo lavoro uno stacco o una melodia è come risolvere il più oscuro degli indovinelli.Perciò se siete amanti del made in italy e avete voglia di mettervi in discussione provate a domare questa bestia infuocata, ma attenzione, chi gioca col fuoco....
Recensione a cura di Tom
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